Strange things about Stranger Things

A tre mesi abbondanti dall’ultima recensione, la visione di Stranger Things, nuova serie targata Netflix, è riuscita a spingermi a rimetter mano alla tastiera, per qualcosa che non sia programmare l’engine del roguelike o giochicchiare a Limbo. Siamo a meno di 24 ore dalla visione dell’ultimo episodio della prima stagione, resa disponibile appena tre giorni fa, e so che se non ne scrivo potrei avere ancora difficoltà a dormire. Troppo l’entusiasmo, le emozioni che vorrei raccontare, così come i rimandi e le citazioni delle quali mi piacerebbe discutere. Non riuscirei a farlo al bar, quindi tocca al blog ospitare questo soliloquio. Per le recensioni vere, di chi ne sa, aspettiamo al varco Lucia; io vi servo al solito un minestrone emozionale nel quale, se volete, potete sguazzare fino al suo arrivo.

Hawkins, stato dell’Indiana. Il calendario ci dice che siamo nei primi anni ’80. Nel giro di poche scene scompare un bambino, Will, e gli amici impegnatisi nella sua ricerca trovano invece una bambina, dotata di strani poteri. Il tutto mentre una creatura mostruosa è in agguato nei boschi e un gruppo di scienziati conduce misteriosi esperimenti nel sottosuolo. 

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Una bellissima versione del poster

Stranger Things è figlio di Matt e Ross Duffer, che ne hanno amorevolmente curato scrittura e regia, riuscendo a confezionare un prodotto che fa leva (e che leva!) sull’effetto nostalgia, per quelli a cui manca qualcosa dei “magici” anni ’80, ma che è al contempo godibile a molteplici livelli.

Siamo ad Hawkins, dalle parti di quell’America raccontata da a più riprese da Steven Spielberg e Stephen King. Derry, nel Maine, è lontana solo geograficamente, così come il suo club dei perdenti e il male che può raggiungerci fin tra le mura di casa.

Stranger Things traveste da serial televisivo un lungometraggio diviso in otto parti, una intensa carrelata tra diversi nuclei, famigliari e non, che si formano, si sfaldano e si riformano, senza lasciare nessuno indietro. Una vicenda che come un treno in corsa investe i personaggi, cambiandone definitivamente le vite e la percezione del mondo che li circonda, costringendoli a una crescita accelerata, in un precoce rapportarsi con morte, dolore e amore.

I gemelli Duffer maneggiano con affetto ognuno dei personaggi, regalandoci dei bambini che sono tali, nelle paure e nel coraggio, così come degli adulti credibili, nel loro vivere quotidiano e nel loro affrontare l’orrore. Se per comprenderlo e vincerlo i ragazzini usano l’immaginazione e la conoscenza di mondi fantastici, gli adulti ricorrono al proprio vissuto, che attraverso brevi flashback vediamo sovrapporsi al loro presente.

Stranger Things è molto più di un’accozzaglia di riferimenti alla cultura e alla società degli anni ’80, e come “operazione nostalgia” è fatta con rara cura e rispetto, per quelli di cui racconta, e per le persone a cui lo racconta. Arriva a tempo (si pensi a Turbo Kid, Kung Fury, al nuovo Ghostbusters e ai remake in arrivo per IT e Twin Peaks, così come al ritorno alle meccaniche della mai dimenticata Old School nei giochi di ruolo) ed emoziona, commuove e fa sorridere. Conosce i tempi e i temi giusti e li sfrutta a dovere, proprio come facevano certe fantastiche pellicole di 30 anni fa.

Ed è in questo che il serial vince di brutto, se mi permettete il tecnicismo. Perché propone una visione del mondo in cui c’è posto per un’intimità naturale fatta anche di errori, di “migliori amici”, di famigliari coraggiosi, dove nel sonnecchiare di un autunno qualsiasi si possono nascondere agenti governativi, strani mondi e demoni da combattere e vincere. Un luogo dove il senso dell’avventura non è andato perduto, dove non è il singolo ma il gruppo a fronteggiare gli ostacoli, dove ci possiamo persino fidare perché “friends don’t lie“. Un luogo al quale si fa ritorno cavalcando verso ovest o cantando sui binari di una vecchia ferrovia.

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Chiudiamo con la carrellata di riferimenti che ho catturato e che se capita integrerò in futuro (magari dopo una seconda visione), che potete leggere ascoltando la soundtrack della prima stagione:

– il 1984, l’anno successivo a quello scelto per ambientare la storia, vide l’uscita nelle sale di numerose delle pellicole icona degli anni ’80 come Ghostbusters, Gremlins, Karate Kid e Giochi stellariNightmare, il secondo Indiana Jones e Terminator (che anno incredibile!);

– lo score dei titoli è un omaggio alla musica elettronica di Carpenter, e viene utilizzata con sapiente parsimonia durante gli episodi, con quel pulsare ritmico che emerge in pochi momenti, a ricordare alcune grandi scene dirette dal Maestro;

https://youtube.com/watch?v=FpHNlx0pPIU

– Eleven chiama “papa” il dottor Brenner, che la sfrutta nei propri esperimenti. Questo rapporto malato con la figura del “padre” rievoca molti media nipponici, dove al comando di robot grandi quanto palazzi, mandati a difendere la razza umana da alieni di ogni sorta, ci sono dei ragazzini (vedi ad esempio il piccolo Shinji Ikari di Neon Genesis Evangelion);

– la puntata si apre con una partita al celebre gioco di ruolo Dungeons & Dragons, scritto da Gary Gygax e Dave Anderson (ne abbiamo parlato diffusamente a proposito di questo ebook);

– i primi a interpretare correttamente gli eventi sovrannaturali sono proprio i tre ragazzini, paragonandoli a quanto accade nella Vale of Shadows, una dimensione parallela, versione oscura del mondo di gioco. Questo sfruttare le proprie conoscenze da “nerd” (termine odioso) per comprendere gli aspetti nascosti del mondo reale può ricordare la vicenda del film, uscito nel 1984, Giochi Stellari (The Last Starfighter) In quel caso l’abilità nei videogiochi del protagonista lo porta a diventare uno dei piloti spaziali che si battono per la salvezza dell’universo;

– la succitata ambientazione di gioco alla quale Dustin e gli altri fanno riferimento, Vale of Shadows, per quanto sembri tratta dai manuali di D&D è in realtà una creazione degli sceneggiatori (sebbene l’idea di un mondo “oscuro”, riflesso del nostro, la si trova in moltissimi media, pensate ad esempio all’altro-mondo di Silent Hill). Il nome The Vale of Shadows descrive anche un’area gelida dei Forgotten Realms, ambientazione per il videogame Icewind Dale;

– i moduli che si intravedono sullo schermo sono le regole del livello Expert (la “scatola blu”, pubblicata originariamente in due versioni, nel 1981 e nel 1983) e l’avventura X1 – Isle of the Dread (pubblicata in italiano come L’Isola del terrore);

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Foto trovata sul web, il monitor non è il mio 🙂

– il Demogorgon, l’avversario della partita in corso, ha radici che si perdono nella notte dei tempi. La sua versione ludica incarna quella del principe dei demoni e ha subito diverse mutazioni con gli anni (e le edizioni). La sua comparsa nel sistema base (al quale sembra stiano giocando i protagonisti) è appena del 1986 (nel set Immortal, l’unico dei cinque set a non essere stato tradotto in italiano), quindi la versione del demone che utilizzano dev’essere quella tratta da Eldritch Wizardry del 1976 o dal Monsters Manual del 1977;

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Il terrificante Demogorgon

– nel seminterrato dove i ragazzi giocano e dove ospiteranno Eleven, c’è il manifesto del film La cosa (The Thing) di John Carpenter. Uscito l’anno precedente alle vicende raccontate (1982), è lo stesso film che l’insegnante di scienze guarda in TV nel penultimo episodio;

– tra tutti i riferimenti a “bambini e biciclette” nel cinema possiamo scegliere E.T. dove l’amico alieno fa volare il protagonista (scena ripresa in parte in una delle ultime puntate, nella quale però Dustin vola senza la bici) e IT di Stephen King, dove la bicicletta è il mezzo della fuga dal male, la cui magia sfuma proprio nel bellissimo finale;

– sempre da IT è tratto il confronto tra la creatura e Caleb a colpi di fionda. Riecheggia lo scontro tra Pennywise e Beverlie, la quale usa pallini d’argento, più efficaci dei sassi di Caleb. L’abilità di Beverly con la fionda in IT, inusuale in una ragazza, si riflette in quella di Nancy con la pistola;

– il titolo del terzo episodio, The Body, richiama il racconto di Stephen King dal quale è tratto il film Stand By Me. Il sottotitolo del racconto, incluso nella raccolta Stagioni Diverse, è L’autunno dell’innocenza. È un riferimento perfetto alla vicenda narrata, ambientata sul finire dell’autunno, e all’innocenza con la quale i ragazzi affrontano il mondo esterno (che è estraneo, sconosciuto, stranger, appunto);

– era il 1982 e in Poltergeist la piccola Carol Anne veniva rapita dagli spettri e portata nell’altro-mondo, dal quale comunicava tramite la televisione. Tra Will e la madre Joyce si instaura un dialogo simile ma più complesso, attraverso le luci di Natale appese per casa. In un flashback possiamo vedere Joyce che promette a Will di portarlo a vedere un film e tra le dita stringe i biglietti per Poltergeist;

il soprannome di Eleven è El, un possibile rimando alla famiglia originale di Superman, il cui vero nome è Kal-El;

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– la vasca di deprivazione sensoriale è uno strumento alla base del film Stati di allucinazione. In quella pellicola viene usata dal protagonista per raggiungere stati mentali alterati sfruttando un mix di sostanze psicotrope. Lo stesso verrà fatto negli esperimenti con la madre di Eleven, nel serial tv. Il protagonista di Stati di allucinazione è in parte ispirato a John Lilly, l’inventore della vasca di deprivazione, che ne sperimentò a lungo gli effetti su se stesso. Forse solo una curiosa coincidenza, ma il cattivo interpretato da Matthew Modine ricorda non poco lo scienziato americano;

– uno dei bulli, ai quali Eleven spezza il braccio usando i suoi poteri, chiama il gruppetto dei protagonisti perdenti (losers). Il soprannome ricorda quel Club dei perdenti (Losers’ Club) al quale appartenevano i protagonisti di IT;

– la zona d’ombra nella quale si muove Eleven quando va a caccia del suo obiettivo sembra ispirata al “mondo di tenebra” nel quale si nutre Scarlet Johansson in Under the skin;

– alla fine della vicenda scopriremo dove si nascondeva Will. Come mi ha fatto notare qualcuno bastava seguire il cane, che aveva capito tutto fin dall’inizio;

– la serie si chiude con una nuova partita a D&D, questa volta il boss finale è la terrificante Thessalhydra, una delle creature geneticamente ibride create dal mago non morto Thessalar. La creatura fa la sua comparsa nel Dungeons & Dragons Monsters Manual II, pubblicato proprio nel 1983. E chissà che non sia un accenno a quello che sarà il “cattivo” di un’eventuale seconda serie;

– la brava Lucia suggerisce un riferimento all’anime Elfen Lied, dove ragazzine mutanti sono sottoposte a esperimenti da uno scienziato che chiamano “papà”.

E finiamo con le curiosità trovate girando in rete:

– i ragazzi sul set erano davvero spaventati dal mostro, e per calmarli gli autori lo paragonarono con le creature del film d’animazione Monster, Inc.;

– la paura maggiore dell’undicenne Millie, la bravissima interprete di Eleven, era invece il venir rasata a zero. Si è tranquillizzata quando le hanno mostrato il (forte, bellissimo) personaggio di Charlize Theron in Mad Max: Fury Road;

– per vendere lo show Matt e Ross Duffer hanno montato un finto trailer, assemblando spezzoni tratti da 25 film. Tra questi c’erano E.T., Nightmare, Super 8 e Halloween;

– sono state scritte ben 13 ore di musica per lo show;

– tutte le audizioni dei ragazzini protagonisti sono state fatte utilizzando scene tratte da Stand By Me;

– la sequenza del titolo è ispirata al lavoro di Richard Greenber, che si dedicò negli anni ’80 alle introduzioni di innumerevoli pellicole. Tra le tante, che sono state di isprazione per quella di Stranger Things, possiamo citare Alien, Superman, The Goonies e Stati di allucinazione.

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10 commenti

  1. bellissima recensione. Aggiungo per pignoleria che le miniature usate dai ragazzi sono miniature autentiche del periodo.

    • Matteo Poropat

      Grazie della dritta! Non ho voluto sbilanciarmi troppo su alcuni aspetti “ludici” perché non me ne intendo e non volevo scrivere cavolate. Ma immaginavo che avessero curato anche quei dettagli come il resto dei riferimenti.

  2. Gran post, non avevo affatto pensato al fatto che El potesse essere una citazione al celebre Kryptoniano 😉 I riferimenti a D&D me li sono persi ci ho giocato troppo poco. Cheers!

    • Grazie!
      I riferimenti sono davvero infiniti, e come per il celebre abisso, più guardi dentro stranger things più stranger things guarda dentro di te e ti strappa i ricordi di quegli anni, ognuno per la sua particolare sfera di interessi. Mettendoli tutti assieme si potrebbe scrivere un libro 🙂

  3. Ho appena finito l’ultimo episodio e… Wow! Devo dire che questa serie ha superato le mie aspettative. Fatta veramente, veramente bene, trama classica ma non per questo scontata né meno coinvolgente, e poi l’atmosfera, l’ambientazione… emozionante e nostalgica al punto giusto.
    Ottimo articolo, non avevo colto tutti i riferimenti che indichi, anche perché non ho tutti i termini di paragone che hai tu… Il che significa che sei più nerd di me! ;-P

  4. Pingback:Universo Hellboy #1

  5. Ahahah! Vero… Però ho giocato e “masterato” molto più D&D. Anche se sto ancora cercando un buon master di CoC perché vorrei tornare a giocarci, lo ammetto. 😛

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