Archeologia videoludica: Pathologic, Мор. Утопия (2005)

Nel 2005 un gruppo di sviluppatori Russi, che vanno sotto il nome di Ice-Pick Lodge, pubblica Pathologic [1] un psychological horror survival role-playing game dai toni surreali, sospeso tra orrore e filosofia, tra misticismo e leggenda. Nella madre terra il videogame ottiene numerosi consensi e vince cinque tra i premi principali del settore. Non gli va altrettanto bene in occidente. La traduzione non è all’altezza dei contenuti, il gameplay è ormai troppo legnoso se confrontato con i suoi contemporanei. Però c’è chi lo gioca e lo apprezza, il passaparola al solito fa il suo e di Pathologic si inizia a parlare [2]. Da lì a diventare un piccolo “cult” la strada è breve.

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Dopo un’introduzione ambientata in una sorta di teatro o chiesa abbandonati, ci troviamo a scegliere tra tre possibili personaggi. Ognuno di loro arriva in città in modi, tempi e luoghi diversi, trovandosi a dover affrontare una misteriosa “peste della sabbia”, il cui contagio minaccia la vita degli abitanti. Ogni personaggio ha un suo approccio al problema e nel risolverlo incrocerà le strade degli altri, dando luogo a una narrazione unica, il cui senso completo si può (parzialmente) comprendere solo intrecciando le tre storie.

I tre sono Daniil, un laureato (bachelor), Artemy, un aruspice (haruspex) e Klara, una ragazza dai misteriosi poteri capace di uccidere o guarire al solo tocco. È interessante notare come il ruolo nel gioco di Klara sia definito diversamente nelle varie lingue. Dal russo cамозванка (impostore), a una prima versione inglese, devotress, per finire con changeling nell’edizione aggiornata del videogame [3]. Il ruolo di “impostore” in realtà è il più azzeccato e sottolinea uno dei dettagli importanti di Pathologic. Non tutto ciò che vediamo è “vero”, non tutto ciò che ci dicono e nemmeno quello che racconta il personaggio che controlliamo, lo è. La realtà si mescola con la finzione così come la verità con la menzogna.

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La durata “in game” è di dodici giorni. Ogni giorno è scandito dalla risoluzione dei problemi del personaggio (mangiare, bere, guarirsi), da una quest principale (che non sarà risolvibile a giornata conclusa) e da altre side quest, utili a raccogliere materiale da usare o da barattare. Ma non aspettatevi oggetti magici, armi super potenziate o pacchi di dollari. Molto spesso raccoglieremo poco più che immondizia dai cestini. Troveremo ninnoli che agli occhi dei bambini sono tesori, da scambiare con cibo o inutili (per loro) munizioni. Il baratto sarà fondamentale, nel confrontarsi con l’economia fluttuante di una città sull’orlo della pandemia.

pathologic symbolLa città nella quale ci muoviamo è grigia, opprimente, triste. Un conglomerato di blocchi di cemento e legno. Essa è il quarto organismo in gioco, tant’è che i quartieri e le costruzioni portano il nome di parti del corpo. Tra queste abitazioni e questi “distretti” malati svettano, disturbanti ed enormi, le costruzioni principali. Il Polyhedron, una struttura dalle geometrie non euclidee dove si barricano i bambini. L’Abattoir, il macello cittadino (ritradotto in Termitary).

I tre personaggi sono tre diversi approcci al problema da risolvere e presentano tre diversi livelli di difficoltà. Se giochiamo come Aruspice, per una certa incomprensione scopriremo di essere centro di una caccia all’uomo senza freni. Chiunque percepirà la nostra presenza si metterà alle nostre calcagna e non si fermerà prima di averci picchiato a morte. Muoversi con attenzione, facendo poco rumore, con un approccio stealth, sarà essenziale finché non chiariremo meglio le cose con i paesani.

Pathologic Day 8_13

Pathologic è a conti fatti un’esperienza che vale la pena vivere tanto quanto si è capaci di sopportare un’interfaccia legnosa e tanto testo da leggere. Il fastidio e il disagio del gameplay svaniscono davanti al fastidio e al disagio del vivere delle ore in quella città malata, trattando con strane persone che nella vita reale non ci sogneremo mai di aiutare. E la pressione del tempo che passa. E i nostri valori di salute che scendono. La piaga della sabbia che imperversa. Il dover costantemente scegliere se dedicarci alla “quest giornaliera” o alla mera sopravvivenza, sapendo che da entrambe dipende la possibilità di giungere alla fine. Fine che sarà strettamente legata all’insieme di cittadini che saremo riusciti a salvare.

 

Del gioco esistono tre versioni:

  • la versione originale, uscita nel 2005
  • la versione rimasterizzata, Pathologic Classic HD, disponibile su Steam dal 2015
  • un remake, Pathologic 2; finanziato con un Kickstarter e ancora in sviluppo, dovrebbe vedere la luce dei monitor entro il 2018, ne esiste una demo nascosta (ma non troppo).

In realtà, e arriviamo alla parte stuzzicante, ne esiste una quarta versione.

Perché i tipi della Ice-Pick Lodge, oltre a produrre videogame, ci han dato giù nel realizzare props come cartoline e artwork. Sigilli. Timbri per ceralacca. E una sciarpa. E il gioco da tavolo di Pathologic. Pubblicato in russo e in inglese, un boardgame che da questa parte della cortina di ferro non credo abbia visto nessuno e che da qualche giorno è finalmente nelle mie mani.

E di questo parleremo nel prossimo post, dopo che avrò finalmente aperto il pacco…

pacco pathologic

[1] – il titolo originale suggerisce ben più di quello internazionale: Мор. Утопия, letteralmente (secondo la solita Wikipedia) Pestilenza. Utopia. un indizio non da poco su alcuni aspetti del gioco.

[2] – l’analisi migliore l’ha fatta uno dei redattori di Rock, Paper, Shotgun con un lungo e approfondito speciale in tre parti dall’evocativo titolo Butchering Pathologic.

[3] – con changeling si indica una figura legata al folklore, una fata o folletto che è stata scambiata, da piccola, con un neonato umano

 

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